Leonardo, le armi e la balestra gigante


Benché consideri la guerra una "pazzia bestialissima", Leonardo dedica una parte significativa dei suoi studi all'analisi di armi e macchine belliche.

La contraddizione è più apparente che reale, se si tiene presente che Leonardo trascorre la vita al servizio di alcuni dei maggiori signori dell'epoca e che per molti di essi la guerra, effettivamente combattuta o soltanto preventivata, costituisce un elemento imprescindibile nella gestione del potere.
Non è quindi un caso se, nella celebre lettera di presentazione in cui offre i suoi servigi a Ludovico il Moro, l'artista mette in evidenza soprattutto le proprie doti di ingegnere militare e di progettista di armi.

Le armi che egli propone al Duca milanese sono principalmente da fuoco, ma non mancano macchine da assedio, catapulte e simili, che riconducono ad una gestione della guerra più tradizionale. Del resto, l'introduzione della polvere da sparo, che risale già  al '300, non comporta l'immediata scomparsa degli strumenti bellici antecedenti: armi bianche e da fuoco convivono quindi per un lungo periodo e divengono entrambe oggetto di studi e perfezionamenti da parte dei tecnici dell'epoca.

Un esempio significativo di questa coesistenza è fornito dalla "arabica machina" di Valturio, imponente dispositivo destinato all'espugnazione di città , in cui moderne bocche da fuoco - sia pure per il lancio di giganteschi dardi - convivono con ponti da assalto e strutture per il trasporto di guerrieri armati.

La macchina di Valturio, che nonostante la sua ingegnosità  sarebbe stata ben poco pratica sul campo di battaglia, lascia trasparire anche un altro elemento che ricorre frequentemente negli autori dell'epoca, ossia l'attitudine al fantastico, in funzione fra l'altro di deterrente psicologico nei confronti del nemico.

La fantasia esercita un ruolo notevole anche in Leonardo, come attestano i bellissimi e immaginosi disegni per mazze e punte di lancia, nonché il machiavellico progetto di balestra multipla per tiro in rapida successione.

Al di sotto dell'elemento fantastico, che conduce l'artista ad elaborare progetti talvolta impraticabili, emerge tuttavia lo sforzo costante non tanto di ideare armi nuove, quanto di perfezionare tecnicamente e di migliorare l'efficienza di quelle esistenti, sia tradizionali che da fuoco.

Questo sforzo appare evidente in uno dei progetti più spettacolari, quello per una balestra gigante, ideata come arma campale trasportabile, destinata probabilmente all'abbattimento di strutture murarie difensive mediante il lancio di pesanti palle di pietra.

Balestre di dimensioni eccezionali erano effettivamente in uso all'epoca, benché armate di più tradizionali dardi, lunghi fino a 5 metri e con ben 12 cm di sezione. La loro diffusione era legata al fatto che riuscivano ad ottenere risultati perfino migliori di quelli raggiungibili dai primi cannoni, piuttosto imprecisi nel tiro, essendo in grado di sfondare palizzate di grosso spessore perfino da 50 metri di distanza. La balestra leonardiana appare ancor più imponente di quelle contemporanee: la lunghezza complessiva dello strumento non è specificata, ma appare agevolmente ricostruibile in rapporto alle dimensioni del carro destinato a trasportarlo - lungo circa 23 metri -, mentre l'apertura dell'arco raggiunge quasi 24 metri.

Per garantire la flessibilità  di un arco di misura così eccezionale, l'artista adotta una tecnica costruttiva particolare: realizza separatamente i due bracci mediante blocchi di lamine, verosimilmente in legno, saldate assieme mediante robusti legacci; unisce poi i due bracci fra loro e con la struttura per mezzo di tiranti e fasce di ferro.

Alla tensione dell'arco provvede una doppia corda, agganciata ad un carrello mobile che scorre lungo il corpo dell'arma fino alla posizione di lancio. Lo sblocco della corda può avvenire mediante due distinti tipi di meccanismo, a percussione o a leva, che Leonardo analizza separatamente e fra i quali non opera una reale scelta.